Quanto può essere stupido un uomo
L’inizio della fine.
Era passato qualche giorno da quando LEI se ne andò. Se ne andò definitivamente. Ero ancora stordito per lo shock, per l’alcool e gli ansiolitici che avevo ingurgitato negli ultimi giorni. Avevo perso l’unica donna che ho amato nella mia vita e non riuscivo a metabolizzare il concetto. Era colpa sua, ma anche mia. Come in tutte le separazioni c’è sempre un concorso di colpa.
Mi lasciò una casa vuota e una azienda messa su insieme che dava molto da fare. “Provvedo io a trovare un mio sostituto al lavoro” mi disse pochi giorni prima di andarsene. Senza neanche una selezione mise al suo posto la prima persona che capitò e le fece un accenno di istruzione per quello che doveva fare. LEI sparì per sempre.
Ci misi qualche mese per accorgermi di avere accanto una ragazza, giovane, apparentemente insignificante nell’aspetto e nei modi. Ale parlava poco, lavorava e basta. E molto bene anche. Ci misi ancora un bel po’ per osservare il suo corpo. Un bel po’ per apprezzare le sue forme perfettamente armoniose, quella pelle liscia. Non avevo intenzioni sessuali. Ero molto professionale. E poi pensavo ancora a LEI.
I giorni passavano inesorabilmente con tanto lavoro e un vuoto che solo chi lo ha passato può capire. E poi dovevo decidere sulla sorte dell’azienda. Fu Ale ad incominciare. Lavoravamo dietro un bancone a stretto contatto l’uno con l’altra. Iniziò a palpare l’unica parte del mio corpo che considero strepitosa: il culo. Tra il divertito e l’infastidito le chiedevo di smetterla. Lei continuava. “Smettila o ti denuncio per m*****ie sul lavoro” le intimavo. Ah ah. Si è mai sentito un datore di lavoro che denuncia una sua dipendente per m*****ie?
Erotismo atto I
La cosa continuò per settimane. Poi, capendo che il gesto non mi faceva arrapare, passò ad un atto che considero tra i più erotici che abbia mai visto. In un momento di calma, ma con il magazzino pieno di clienti, si infilò la mano nei pantaloni, sotto le mutande, toccandosi palesemente la figa. La osservavo e non capivo cosa volesse fare. Neanche il tempo di pensarci su troppo, sfilò le dita e le mise sotto il mio naso. Ricordo ancora quell’odore come il più inebriante che abbia mai sentito. Rimasi come un ebete senza reagire, senza dire nulla, senza fare nulla.
L’imbarazzo era dovuto sia dalla mia posizione di datore di lavoro, sia dalla sua posizione di donna sposata con un bambino di pochi anni.
Passavano i giorni e la mia testa era più confusa che mai. Ale continuava a tastarmi il culo e, qualche volta, anche il pacco davanti. Io incominciavo a guardare il suo di culo e la fede che portava al dito. Il culo e la fede d’oro. Il culo e la fede. Finchè un giorno non gliela vidi più. Non feci domande. Quella fede non la vidi mai più al suo dito.
Un giorno, dopo la chiusura serale sbottò in un pianto che avrebbe impressionato chiunque. Ale si sedette sulle mie gambe e fu la prima volta che toccai quel corpo meravigliosamente sodo. Mi disse, in un mare di lacrime, che si era separata. La consolai come meglio avrei potuto. Ma in certi casi una semplice carezza vale più di mille parole. La accarezzai e le promisi di aiutarla economicamente se ne avesse avuto bisogno.
I giorni passavano e incominciavo ad osservarla più attentamente. Lei non puntava solo me, ma anche il magazziniere. Li osservavo entrambi. Un giorno li ho anche seguiti in auto. Andavano a casa di lui. Rabbia, gelosia. Ma gelosia per chi? Per una ragazza che manco avevo sfiorato?
Erotismo atto II
Ancora qualche giorno e sono protagonista di un altro gesto erotico da paura. Era estate e faceva molto caldo. Era sera, dopo la chiusura, soli, facevamo i conti. Io portavo dei pantaloni molto leggeri e larghi. Io leggermente supino sul bancone a contare i soldi e lei anche. Ale, dolcemente, ma con tanta determinazione, fece scivolare il suo dito medio sotto le mie mutande fino a raggiungere il mio buchetto. Non fu una vera e propria penetrazione ma quasi. Io, incredibilmente immobile. Poi levò il dito e disse “guarda!” ficcandoselo in bocca con calma e guardandomi con i suoi occhi neri enormi. Mi fissava e roteava la lingua su quel dito. Non ricordo cosa mi passò per la testa in quel momento. Ricordo solo che, arrivato a casa, mi masturbai come nessuno al mondo.
Decisi di vendere l’azienda e, nel processo di transizione, cambiarono i rapporti tra me Ale e Vittorio (il magazziniere). Nel senso che ero più rilassato e, a breve, non sarei più stato un datore di lavoro. Si usciva a cena la sera, al pub la notte e cose sollazzevoli di questo genere. Eravamo veramente amici.
Maledetto pudore!
Ancora noi tre. Sobbarcati da una mole di lavoro che solo tredicimila clienti possono dare. Quella sera, non so se avevamo bevuto, alla chiusura ci siamo accasciati sulle sedie per rilassarci. Ale prende l’iniziativa e si stende sul bancone come per riposarsi o dormire. Io, spinto da non so che (arrapamento forse?) le sfilo i pantaloni, le calze e inizio a passare la lingua su un suo piede. Millimetro per millimetro. Sentivo ogni ruga, ogni durone di quel piccolo meraviglioso piede. Passavo la lingua tra ogni dito, ciucciandomelo per minuti interminabili. Vittorio non stava a guardare. La stava baciando palpeggiandole il piccolo e sodo seno. Non so quanto sia durato. Forse venti minuti. Poi la parte razionale e perbenista di me mi ha fatto sussurrare un “BASTA” e siamo andati via come ogni sera.
Due volte scemo!
Il lavoro e le cene al ristorante si susseguivano. Ricordo una in particolare. Sempre noi tre, sempre brilli, sempre allegri come se il mondo fosse nostro (io 29 anni, lui 38, lei 25). Vittorio aveva bevuto tanto e, nel mezzo di una chiacchierata al tavolo, mi spara mezzo metro di lingua in bocca. Così, avanti a tutti. Io indietreggio schifato. Ale, con una calma e naturalezza più uniche che rare, disse: “me lo fate rivedere?”. Dentro di me, sotto sotto, avevo capito di non capire un cazzo. Non avevo capito un cazzo dell’eros, non avevo capito di essere bisessuale, non avevo capito il “carpe diem”.
Tre volte scemo!
La serata al ristorante finì con me che chiacchieravo con l’oste - ciao meraviglioso uomo baffuto e panzuto con il sigaro che ci hai servito piatti meravigliosi per tre anni - e loro due a dormire per terra, fuori dalla loro auto, a meno due gradi di temperatura.
Avevano perso le chiavi dell’auto. Per forza, dopo due litri di vino e uno di grappa! Decido di portarli a casa mia. Non si reggevano in piedi. Li carico sulle spalle, uno per uno, per due piani fino al mio appartamento. Li faccio accomodare ehm….li sbatto sul letto matrimoniale mentre io vado nello sgabuzzino col lettino.
Al mattino dopo vengo svegliato dall’ansimare di lei. Stavano scopando tranquillamente come se nulla fosse successo. Come se fossero a casa loro. Con la porta aperta! Giusto il tempo di osservare per un istante quel meraviglioso corpo di lei e l’enorme, sproporzionato cazzo di lui. Punto. Ale la consideravo persa solo perché si era concessa a Vittorio. Non sarebbe successo più nulla tra di noi. Che povero stupido ero.
Dopo la vendita dell’azienda mi sono trasferito a settecento chilometri di distanza e non li ho sentiti per un paio di anni. Mi vennero a trovare un’estate. Col figlio di lei e una bambina in più, frutto della loro unione. Si girava insieme in auto per le meravigliose coste pugliesi. Mi sono solo permesso di accarezzarle le gambe in auto. Ale non si ritraeva, ma neanche prendeva una iniziativa. In quel momento ho capito di aver perso un’occasione speciale di divertimento, amicizia, amore, sesso.
Anche se i nomi sono fittizi, la storia è vera e neanche tanto romanzata. Sono passati dodici anni da quella esperienza e molte donne e uomini (pochi per la verità) nel mio letto. Nessuno, aimè, è riuscito, uomo o donna, ad eguagliare l’erotismo e la fantasia che quei due ragazzi hanno s**turito in me.
Era passato qualche giorno da quando LEI se ne andò. Se ne andò definitivamente. Ero ancora stordito per lo shock, per l’alcool e gli ansiolitici che avevo ingurgitato negli ultimi giorni. Avevo perso l’unica donna che ho amato nella mia vita e non riuscivo a metabolizzare il concetto. Era colpa sua, ma anche mia. Come in tutte le separazioni c’è sempre un concorso di colpa.
Mi lasciò una casa vuota e una azienda messa su insieme che dava molto da fare. “Provvedo io a trovare un mio sostituto al lavoro” mi disse pochi giorni prima di andarsene. Senza neanche una selezione mise al suo posto la prima persona che capitò e le fece un accenno di istruzione per quello che doveva fare. LEI sparì per sempre.
Ci misi qualche mese per accorgermi di avere accanto una ragazza, giovane, apparentemente insignificante nell’aspetto e nei modi. Ale parlava poco, lavorava e basta. E molto bene anche. Ci misi ancora un bel po’ per osservare il suo corpo. Un bel po’ per apprezzare le sue forme perfettamente armoniose, quella pelle liscia. Non avevo intenzioni sessuali. Ero molto professionale. E poi pensavo ancora a LEI.
I giorni passavano inesorabilmente con tanto lavoro e un vuoto che solo chi lo ha passato può capire. E poi dovevo decidere sulla sorte dell’azienda. Fu Ale ad incominciare. Lavoravamo dietro un bancone a stretto contatto l’uno con l’altra. Iniziò a palpare l’unica parte del mio corpo che considero strepitosa: il culo. Tra il divertito e l’infastidito le chiedevo di smetterla. Lei continuava. “Smettila o ti denuncio per m*****ie sul lavoro” le intimavo. Ah ah. Si è mai sentito un datore di lavoro che denuncia una sua dipendente per m*****ie?
Erotismo atto I
La cosa continuò per settimane. Poi, capendo che il gesto non mi faceva arrapare, passò ad un atto che considero tra i più erotici che abbia mai visto. In un momento di calma, ma con il magazzino pieno di clienti, si infilò la mano nei pantaloni, sotto le mutande, toccandosi palesemente la figa. La osservavo e non capivo cosa volesse fare. Neanche il tempo di pensarci su troppo, sfilò le dita e le mise sotto il mio naso. Ricordo ancora quell’odore come il più inebriante che abbia mai sentito. Rimasi come un ebete senza reagire, senza dire nulla, senza fare nulla.
L’imbarazzo era dovuto sia dalla mia posizione di datore di lavoro, sia dalla sua posizione di donna sposata con un bambino di pochi anni.
Passavano i giorni e la mia testa era più confusa che mai. Ale continuava a tastarmi il culo e, qualche volta, anche il pacco davanti. Io incominciavo a guardare il suo di culo e la fede che portava al dito. Il culo e la fede d’oro. Il culo e la fede. Finchè un giorno non gliela vidi più. Non feci domande. Quella fede non la vidi mai più al suo dito.
Un giorno, dopo la chiusura serale sbottò in un pianto che avrebbe impressionato chiunque. Ale si sedette sulle mie gambe e fu la prima volta che toccai quel corpo meravigliosamente sodo. Mi disse, in un mare di lacrime, che si era separata. La consolai come meglio avrei potuto. Ma in certi casi una semplice carezza vale più di mille parole. La accarezzai e le promisi di aiutarla economicamente se ne avesse avuto bisogno.
I giorni passavano e incominciavo ad osservarla più attentamente. Lei non puntava solo me, ma anche il magazziniere. Li osservavo entrambi. Un giorno li ho anche seguiti in auto. Andavano a casa di lui. Rabbia, gelosia. Ma gelosia per chi? Per una ragazza che manco avevo sfiorato?
Erotismo atto II
Ancora qualche giorno e sono protagonista di un altro gesto erotico da paura. Era estate e faceva molto caldo. Era sera, dopo la chiusura, soli, facevamo i conti. Io portavo dei pantaloni molto leggeri e larghi. Io leggermente supino sul bancone a contare i soldi e lei anche. Ale, dolcemente, ma con tanta determinazione, fece scivolare il suo dito medio sotto le mie mutande fino a raggiungere il mio buchetto. Non fu una vera e propria penetrazione ma quasi. Io, incredibilmente immobile. Poi levò il dito e disse “guarda!” ficcandoselo in bocca con calma e guardandomi con i suoi occhi neri enormi. Mi fissava e roteava la lingua su quel dito. Non ricordo cosa mi passò per la testa in quel momento. Ricordo solo che, arrivato a casa, mi masturbai come nessuno al mondo.
Decisi di vendere l’azienda e, nel processo di transizione, cambiarono i rapporti tra me Ale e Vittorio (il magazziniere). Nel senso che ero più rilassato e, a breve, non sarei più stato un datore di lavoro. Si usciva a cena la sera, al pub la notte e cose sollazzevoli di questo genere. Eravamo veramente amici.
Maledetto pudore!
Ancora noi tre. Sobbarcati da una mole di lavoro che solo tredicimila clienti possono dare. Quella sera, non so se avevamo bevuto, alla chiusura ci siamo accasciati sulle sedie per rilassarci. Ale prende l’iniziativa e si stende sul bancone come per riposarsi o dormire. Io, spinto da non so che (arrapamento forse?) le sfilo i pantaloni, le calze e inizio a passare la lingua su un suo piede. Millimetro per millimetro. Sentivo ogni ruga, ogni durone di quel piccolo meraviglioso piede. Passavo la lingua tra ogni dito, ciucciandomelo per minuti interminabili. Vittorio non stava a guardare. La stava baciando palpeggiandole il piccolo e sodo seno. Non so quanto sia durato. Forse venti minuti. Poi la parte razionale e perbenista di me mi ha fatto sussurrare un “BASTA” e siamo andati via come ogni sera.
Due volte scemo!
Il lavoro e le cene al ristorante si susseguivano. Ricordo una in particolare. Sempre noi tre, sempre brilli, sempre allegri come se il mondo fosse nostro (io 29 anni, lui 38, lei 25). Vittorio aveva bevuto tanto e, nel mezzo di una chiacchierata al tavolo, mi spara mezzo metro di lingua in bocca. Così, avanti a tutti. Io indietreggio schifato. Ale, con una calma e naturalezza più uniche che rare, disse: “me lo fate rivedere?”. Dentro di me, sotto sotto, avevo capito di non capire un cazzo. Non avevo capito un cazzo dell’eros, non avevo capito di essere bisessuale, non avevo capito il “carpe diem”.
Tre volte scemo!
La serata al ristorante finì con me che chiacchieravo con l’oste - ciao meraviglioso uomo baffuto e panzuto con il sigaro che ci hai servito piatti meravigliosi per tre anni - e loro due a dormire per terra, fuori dalla loro auto, a meno due gradi di temperatura.
Avevano perso le chiavi dell’auto. Per forza, dopo due litri di vino e uno di grappa! Decido di portarli a casa mia. Non si reggevano in piedi. Li carico sulle spalle, uno per uno, per due piani fino al mio appartamento. Li faccio accomodare ehm….li sbatto sul letto matrimoniale mentre io vado nello sgabuzzino col lettino.
Al mattino dopo vengo svegliato dall’ansimare di lei. Stavano scopando tranquillamente come se nulla fosse successo. Come se fossero a casa loro. Con la porta aperta! Giusto il tempo di osservare per un istante quel meraviglioso corpo di lei e l’enorme, sproporzionato cazzo di lui. Punto. Ale la consideravo persa solo perché si era concessa a Vittorio. Non sarebbe successo più nulla tra di noi. Che povero stupido ero.
Dopo la vendita dell’azienda mi sono trasferito a settecento chilometri di distanza e non li ho sentiti per un paio di anni. Mi vennero a trovare un’estate. Col figlio di lei e una bambina in più, frutto della loro unione. Si girava insieme in auto per le meravigliose coste pugliesi. Mi sono solo permesso di accarezzarle le gambe in auto. Ale non si ritraeva, ma neanche prendeva una iniziativa. In quel momento ho capito di aver perso un’occasione speciale di divertimento, amicizia, amore, sesso.
Anche se i nomi sono fittizi, la storia è vera e neanche tanto romanzata. Sono passati dodici anni da quella esperienza e molte donne e uomini (pochi per la verità) nel mio letto. Nessuno, aimè, è riuscito, uomo o donna, ad eguagliare l’erotismo e la fantasia che quei due ragazzi hanno s**turito in me.
12 年 前